Museo del Motociclo a Rimini, una perla da visitare

27 febbraio, 2017 | Filippo Zanobbi

Il museo del Motociclo di Rimini ha anche una sezione dedicata agli scooter d'epoca.

Museo del Motociclo, Rimini.

Avete presente “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta”? Ecco. Avete presente la scena finale quando il buon vecchio Spielberg fa una bella inquadratura regalandoci un leggendario grandangolo su tutto il magazzino dov’è riposta la preziosa reliquia? Perfetto. Ora avete un’idea di come ci si senta entrando nel Museo del Motociclo di Rimini.
Percorrendo per intero la via che costeggia l’ aeroporto di Rimini, in una zona rurale (ma neanche troppo), ci si trova di fronte ad un capannone, che, come un’ immensa ostrica perlifera, contiene al suo interno un tesoro inestimabile per tutti gli appassionati del mondo delle due ruote.

La collezione è nata nel 1993 su iniziativa di tre amici Germano Corvatta, Giuseppe Savoretti e Tino Zaghini, che conosciutisi durante le varie fiere all’uopo destinate, hanno deciso di unire le loro collezioni di moto d’epoca sotto un unico tetto per, si, problemi di spazio, ma soprattutto per assecondare in maniera totale questa loro grande passione. Infatti è proprio la passione che li ha spinti a creare questo museo (come successo per quello dedicato a Ferruccio Lamborghini), primo a livello nazionale ad essere aperto al pubblico, e a condividere tutta la loro esperienza con chiunque voglia immergersi in questo mondo di ingranaggi e valvole.
La collezione consta di 250 moto, in rappresentanza di 60 case italiane e straniere, in un percorso che parte dagli albori del motociclismo, iniziando da una deliziosa Draisina (senza pedali) mossa direttamente dalla spinta delle gambe del portatore mediante un movimento sinuoso e a parer mio poco virile (ma chi sono io per giudicare); per giungere infine ad una carrellata di moto italiane anni 70 e 80, tra le quali spicca una favolosa Ducati Desmo Silver Shot, talmente bella da far drizzare i peli sulle braccia.

I fondatori del museo.

Percorrendo questo cammino cronologico delle due ruote, non si può fare altro che notare pezzi unici che a detta degli stessi Savoretti e Zaghini, più che un valore economico si caratterizzano per quello sentimentale (cosa deducibile dall’amore con la quale descrivono ogni singolo componente della collezione). Dai primi del ‘900, dove più che altro i centauri si destreggiavano con biciclette motorizzate eroganti non più di 2/3 cv e sulle quali per fermarsi bisognava rimettersi a Dio, in quanto il sistema frenante era composto da semplici morsetti tipo quelli delle bici moderne, per intenderci. Per la salvezza, gli atei dovettero aspettare i ruggenti anni ’30. Infatti qui le moto incominciarono ad essere dotate di freni a tamburo e pneumatici più sicuri (si passò da quelli denominati “a tallone” a quelli “a filo”).

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Fra tutte queste opere meccaniche s’intravede un piccolo angolino dedicato alle maestose ed esageratamente pompate moto della tradizione a stelle e strisce (Harley-Davisdson, Henderson ed Indian ), con le loro cilindrate enormi quasi volessero compensare altri tipi di difetti di coloro che le guidavano. Al centro della collezione, per accontentare qualsiasi tipologia di fan delle due ruote, c’è una concentrata e divertente esposizione di scooter d’epoca, dalle Lambrette alle più famose Vespe, compresa la ricercatissima e stupenda Vespa 98, la prima mai costruita.
Proseguendo nel salone a fianco c’è una timida collezione di sidecar, anche se per apprezzarli veramente bisogna essere dei cultori del genere. Al piano di sopra la sala si divide in aree tematiche riguardanti la casa motociclistica MV Agusta, Guzzi e Frera, una delle più importanti in Italia tra il 1910 e il 1920, grandissima fornitrice di mezzi per l’esercito italiano durante la Prima guerra mondiale, ma poi con la crisi del ’30, si è vista costretta a chiudere.
Su questo piano l’ attenzione poggia su una moto in particolare, di una finezza indescrivibile, una Guzzi GTW color rosso con cromature a vista, appartenuta al famoso pittore italiano Antonio Ligabue.

L’esterno del museo contribuisce allo stupore dei visitatori.

PASSIONE. Tutto ruota attorno a questa parola. Senza la passione questi tre amici non avrebbero iniziato a collezionare motociclette. Senza la passione non sarebbe nata questa esposizione. E senza la passione questo museo non avrebbe mai continuato ad essere tale. Una pietra grezza non ancora smaltata, incastonata in quel bellissimo mosaico di storia motoristica che è la città di Rimini. Ricordiamo infatti che i maggiori piloti italiani del passato (primo fra tutti Pasolini) e dei giorni nostri ( come si chiama.. ah, Valentino Rossi ), provengono da questa fertile terra romagnola. Ricordiamo che attraverso le strade cittadine della riviera si correva la Temporada Romagnola. E ricordiamo che Rimini appartiene a quella magica regione, Emilia Romagna, conosciuta nel mondo per essere la patria dei motori e delle meccaniche di pregio, denominata Motor Valley.
Non un semplice museo. Ma una Mecca per tutti i centauri ed appassionati. In questo mondo che viaggia sempre più veloce, è l’ occasione giusta per, non solo rallentare ma riavvolgere le lancette del tempo e con tutta calma lasciarsi trasportare dai ricordi e l’immaginazione.


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