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    Categories: Storie di auto

Alfetta, ammiraglia di stile

Alfa Romeo Alfetta. Questo modello è una prima serie, del 1972.

Arese, anni ’70. Dagli stabilimenti Alfa Romeo esce un modello che segnerà un decennio, ma soprattutto la cultura italiana. La nostra industria automobilsitica sapeva innovare, e creare auto che fossero davvero «un concentrato di stile e tecnologia».
Parola di Flaminio Massetti. Per lui la quintessenza di questo concetto è rappresentata dall’Alfetta, un’automobile talmente innovativa che il suo progetto, nato alla fine degli anni ’60 è rimasto in vita fino agli anni ’90.

PRIMA IN TUTTE LE CLASSIFICHE

E Flaminio con la sua auto ha un rapporto molto particolare, intimo. Può esistere l’amore tra un essere umano e «un pezzo di lamiera»? Sì, e ne abbiamo la prova.
Già al momento dell’acquisto, tra Flaminio e la sua Alfetta è stato amore a prima vista. Un ‘auto che lo riporta indietro in un decennio che ha visto solo da bambino, e dove questa macchina era diventata veramente un mito.
Era al primo posto in tutte le classifiche che Flaminio e i suoi amici facevano da bambini, affacciati al terrazzo e guardando tutte le macchine che passavano. Nella sua graduatoria, a distanza di anni, l’Alfetta non ha perso posizioni. Per Flaminio è l’automobile dell’ozio creativo, una macchina che permette di pensare, e di sciogliere la tensione «perché quando sei al volante ti mette tranquillo lei».

L’AUTO DELLA POLIZIA E DELLA MALAVITA

Ma l’Alfetta regala anche emozioni. D’Altronde è un’Alfa Romeo, e a quel tempo nel mondo di berline così eleganti e così sportive non ne esistevano. Ancora oggi questa automobile ha il suo carattere su strada, e regala un comfort che non fa pensare di essere su una macchina che ha più di 40 anni.
Sul fatto che il motore sia brillante basta guardare indietro per togliersi ogni dubbio. Se era il mezzo preferito dai malviventi per le fughe, ma anche la macchina della polizia, un motivo c’è.
Non solo guardie e ladri, però. L’Alfetta è stata anche l’auto della borghesia, un’auto che non passava inosservata. E che non passa inosservata nemmeno oggi, quando riporta nella mente di chi la vede passare i ricordi del tempo in cui la possedevano, o in cui sognavano di poterla guidare.

GUARDA IL VIDEO DELLA ALFETTA QUI SOTTO


Daniele Boltin:

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  • Questa è una vera Alfa Romeo al contrario di quella che fanno adesso che non ci assomilia per niente. Mi spiace ma anno toppato di brutto con la Giuglietta nuova.

  • Certo che può esistere amore tra un essere umano e un pezzo di lamiera, perché questa è un'auto con l'anima! :-)

  • Un video davvero emozionante che mi riporta a quando a 19 anni fresco di patente guidavo l' Alfetta di mio padre.
    Allora forse non mi rendevo conto di quale miracolo tecnologico fosse quella macchina ed in
    genere le Alfa romeo, poi passando gli anni ed avendo posseduto una 90,164 e 166 e con la
    la laurea in ingegneria meccanica, le letture fatte sulla meravigliosa storia Alfa mi sono reso
    conto di quale drammatico errore abbiano fatto gli italiani abbandonando l'alfa romeo al proprio
    destino.
    Speriamo davvero che Marchionne e compagni sappiano salvare questo patrimonio italiano.

  • Mio padre possedeva una mitica Alfetta 1800 anno 1972 prima serie, che ha tenuto fino al 1984 ; l'ho guidata dai 18 anni ai 25 circa ;mai un'altra auto mi ha dato le stesse sensazioni . Era unica , un mito , riconoscibile lontano un miglio dal rombo tipicamente Alfa . Allora le altre auto (soprattutto le tedesche) per avere le stesse prestazioni dovevano avere una cilindrata molto superiore a quella dell'Alfetta , e non parliamo della tenuta , le altre erano dei barconi.
    Come tecnologia era molti anni avanti rispetto alla concorrenza ed il piacere di guida non aveva confronti. Mi piacerebbe avere la possibilità di guidarla ancora .

  • Su,, non esageriamo adesso... anche l'alfetta aveva un bell'assetto da barcone poi un po corretto negli anni, un cambio terribile che gli stessi alfiisti provenienti dalle Giulia detestavano e un motore che di fatto era prestazionale solo perche "spostato" in alto, ovvero cammes tarate per dar potenza massima superiore a discapito pero' di elasticita e piacere di guida nell'uso comune (il Bialbero Lampredi sulle Beta in questo era nettamente meglio e "pieno"). E sorvoliamo sulla qualita costruttiva dove i tedeschi erano gia su un altro livello. Una buona vettura di successo perche di ottimo compromesso ma non dimentichiamo che oltre il 50% dei numeri alfa anni 70 erano di alfasud..

  • Mi spiace Silvio B ma se scrivi queste cose tu non hai mai guidato né Alfetta né i barconi citati. Alfetta è nata con un assetto stabile perché frutto di un progetto innovativo ma impeccabile ed ha sempre dato sicurezza a chi la guidava e/o la guida senza avere alcun controllo elettronico (abbondantemente utilizzati sulle auto di oggi per supplire spesso a progettazioni meccaniche meno attente di allora).

  • Salve a voi che con passione avete scritto su questo sito e riportato il vostro pensiero e,sopratutto,le emozioni che vi ha creato guidare un'ALFETTA (lo scrivo maiuscolo per sentito e meritato rispetto).Io di Alfa ne ho avute ben 12; si 12 e oggi ho una 155 /8 V del 1994 CHE DI ALFA HA SOLO IL PROPULSORE MA MI BASTA COSì. Vi che se trovassi un'ALFETTA o una Giulia POTREI DIRE CHE SONO DAVVERO FELICE. Poi a CHI PER STRANIERISMO CONGENITO SPASTICO BILATERALE IRREVERSIBILE acquista auto straniere dico: in alfa quando era ancora tale si dava lezione di stile e ingegneria a chiunque. Del bialbero Alfa vi posso dire solo bene e leggendo i vostri commenti torno indietro di 42 anni con il primo incontro con un 1750 berlina.Come il primo amore non si scorda così è per me la mia prima Alfa.
    Ciao...

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