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GP Monza 2018, cronaca di un weekend

Monza.

Un bel giorno, nel bel mezzo del nulla, mi arriva un messaggio in chat: un amico avrebbe da cedermi un biglietto per un evento. Non un evento qualsiasi, bensì un biglietto parterre per il Gran Premio di Formula Uno di Monza. Considerando il notevole calo di qualità subito da questa disciplina, non ho più di tanto considerato l’idea di andarci, però, è anche vero che un appassionato di auto come me, che non risiede neanche troppo lontano dall’autodromo, almeno una volta nella vita ci dovrebbe an-dare. Così ho deciso di organizzarmi e di presenziare a quello che è il più importante evento motori-stico della penisola e di farci quindi un report. Un report che si concentrerà principalmente sull’aspetto “festaiolo” piuttosto che su quello sportivo, dopotutto su questo versante ci sono già svariati professionisti che se ne occupano.


Prima di me, tra gli anni cinquanta e gli anni ottanta, mio papà e i miei zii, muniti di cinepresa 8mm, ci andavano quasi tutti gli anni, era praticamente una tradizione per loro. Hanno così avuto la fortuna di vivere il campionato nel suo periodo d’oro, quando correvano piloti come Jim Clark, John Surtees, Lorenzo Bandini, Graham Hill, Gilles Villeneuve, Jody Scheckter e tanti altri. A quei tempi funzio-nava tutto in modo diverso, non c’era tutta quella security a livello paranoico che c’è adesso. Gli spettatori potevano avvicinarsi ai box e vedere i grandi campioni a pochi metri di distanza. Hanno assistito alle gare sulla parabolica e alla breve permanenza della Porsche come costruttore. Purtroppo, nel 1961, sono stati testimoni dal vivo dell’incidente di Wolfang Von Trips, la cui Ferrari si schiantò sugli spettatori provocando quattordici vittime.
Diversi miei amici più grandi mi hanno raccontato di quando andavano a Monza tra gli anni ottanta e gli anni novanta, quando correvano Ayrton Senna, Michele Alboreto, Nigel Mansell e tanti altri, di come tanti spettatori entravano furbescamente scavalcando il muro del parco, del sabato sera passato a far festa nel campeggio e di come alcuni bergamaschi si portavano i ponteggi da casa per costruirsi clandestinamente una propria tribuna privata.

Le frecce tricolori.

Storie che testimoniano di una Formula Uno totalmente diversa da quella di oggi, per la quale ho sempre provato invidia, per non averla potuto vivere anche io.
Prima d’ora ho solo avuto modo di assistere alle prove libere nel lontano 1997, un piovoso venerdì di fine estate, ricordo bene, e l’unico dei due piloti Ferrari che vi correva era Eddie Irvine.
Ed eccoci ora al giorno dell’evento. Di buon mattino mi presento alla rotonda di Biassono, quella dove c’è il muretto con tutte le foto dei passati vincitori del Gran Premio, e già vedo un movimento che a Monza non ho mai visto. Al posto di vedere le tante bancarelle presenti mi accodo alla già lun-ga fila che si dirama oltre il cancello del parco.
Dopo la noiosa perquisizione riesco finalmente ad entrare nel vivo della festa. Tutta la zona ad ovest della pista, normalmente usata come parcheggio, era stata allestita l’area del merchandise e dei dj set con musica tunza. Tra gli stand presenti spiccavano quelli della Mercedes con una monoposto in bel-la mostra, il grosso simulatore virtuale, sempre della casa di Stoccarda, e il grosso negozio che ven-deva tutta la mercanzia ufficiale dei team in gara, con una grande scelta e prezzi non molto popolari. Non poteva catturare la mia attenzione il grosso padiglione con esposte alcune auto d’epoca: Alfa 6c 1750 Sport Zagato, Mercedes Ssk, Bugatti Type 35, Lancia Lambda e tante altre che nel pomerig-gio, poco prima della corsa, hanno portato in parata i piloti privi di casco.
Nella zona interna della pista erano in esposizione una monoposto Ferrari e la Yamaha di Valentino Rossi, ma per il resto quella zona non era accessibile alla plebaglia munita di biglietto normale.
Nei paraggi ho avuto la fortuna di incontrare per caso Horacio Pagani, titolare della Pagani automo-bili e creatore di Zonda e Huarya nonché leggenda vivente per molti sfegatati di motori come me. Inutile dire che ho colto occasione per farmi fare un autografo, farci una foto insieme e scambiarci quattro chiacchere.

Nel corso della giornata si sono tenute anche le gare di Gp3, Formula 2 Fia e il Porsche Mobil1 Su-percup.
Mi sono concentrato abbastanza sulla corsa delle tedesche e devo dire che mi ha preso parecchio: un po’ di sportellate, qualche testacoda e piloti belli carichi.
Ho avuto modo di veder sfrecciare anche due muscolose auto di assistenza: la Merecdes Amg Gt R dei commissari di gara e la Lamborghini Urus in forze alla Cea, il servizio antincendio dell’autodromo.
Alle 15:10, dopo la parata con le storiche e l’esibizione delle Frecce Tricolori, inizia la gara tanto at-tesa. Sono sempre stato abituato a vedere la Formula 1 in televisione e le altre competizioni di Mon-za alla Variante Ascari, ma stavolta è diverso: rimanendo a vedere il tutto lungo il rettilineo, dove quasi mai avvengono sorpassi o colpi di scena che stravolgono l’esito della gara (grazie anche ad un regolamento molto ingessato e severo della F1 attuale), mi son dovuto aiutare col cellulare per cono-scere in tempo reale la posizione dei piloti sullo scacchiere. Da quello che ho visto posso dire che Raikonnen, dopo la pole conquistata il giorno prima, ha fatto di tutto per rimanere in prima posizione e battagliando molto contro le due Mercedes, per poi finire superato da Hamilton.

Nel frattempo Vettel è rimasto indietro a vedersela con Verstappen su Red Bull. Stando a quanto ho letto in giro pare che il finlandese della Ferrari, attualmente secondo pilota di Maranello e pilota più anziano del campionato, abbia disobbedito agli ordini di scuderia che gli avrebbero detto di far passare davanti il compagno tedesco e di coprirlo alle spalle. Da inguaribile alfista ero molto curioso di vedere dal vivo le due Sauber, ma sapevo bene che il team svizzero non è mai riuscito a rappresentare una minaccia particolarmente seria per i top team. Pur conoscendo già dall’inizio l’andazzo delle varie squadre ne-gli ultimi anni mi ha messo molta tristezza vedere Williams e McLaren così indietro, e, insieme alla monoposto di Woking, anche il due volte campione Fernando Alonso, in attesa di lasciare definiti-vamente il Circus a fine stagione. Anche se ho sempre tifato Ferrari, per uno come me cresciuto guardando le gare negli anni novanta e duemila, fa un brutto effetto vedere due nomi importanti nel-le posizioni più basse della classifica generale considerando quello che sono state fino a una decina di anni fa.

Ferrari.

A gara conclusa mi sposto verso la tribuna che sta dalla parte opposta ai box ma senza aggregarmi nella ressa che entra in pista sotto il podio. Dopo la consegna delle coppe ai primi tre arrivati, cioè Hamilton, Raikonnen e Bottas, la festa ha continuato a svolgersi come alle giostre di paese.
Durante il rientro verso casa rifletto sulla giornata trascorsa e ritengo di aver fatto bene ad aver ac-cettato il biglietto. Anche se preferisco di gran lunga altri eventi, meno seguiti ma anche in grado di dare più emozioni, la tappa italiana del Campionato di F1 mi ha temporaneamente riacceso quell’interesse per la massima categoria che mi si era parecchio attenuata negli ultimi anni e che bene o male passerà alla storia per essere il primo GP d’Italia senza Marchionne, il primo della nuova ge-stione di Liberty Media e l’ultimo con il pilota finlandese al volante di una rossa.
Un domani avrò anch’io qualcosa di interessante da raccontare ai miei nipoti.

Augusto Pellucchi:

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