Motor Show 2017, ritorno al passato

20 dicembre, 2017 | Matteo Giacon

C’era una volta il Motor Show. O meglio, vi fu un’era in cui la manifestazione motoristica di maggior successo in Italia era quella che si svolgeva in dicembre a Bologna, e che richiamava frotte di spettatori da ogni parte della penisola, attirati dalla rara possibilità di vedere auto, corse e ragazze da sogno riunite tutte sotto lo stesso tetto. Ve lo ricordate, il Motor Show dei bei tempi andati ? No? Beh, allora proviamo a fare un tuffo nei ricordi.

alfa romeo 33

Alfa 33.

 

Nato nel 1976, ha sempre avuto un taglio particolare. E da quando è rinato, è emersa una nuova tendenza molto. Al Motor Show 2017 c’era un’esposizione di vetture davvero notevole nel padiglione 21 (pensate, un intero padiglione del Motor Show tutto per le auto d’epoca: una cosa tutto sommato inaspettata, solo qualche anno fa),  esposizione raddoppiata de facto nei tre giorni finali quando, in luogo della comunque bella rassegna dedicata al modellismo, un altro padiglione (il 19) è stato riservato ad una vera e propria mostra-mercato . Molto appropriati anche i rispettivi titoli: Passione Classica Racing e Passione Classica Mercato, a seconda che si trattasse della panoramica sulle vetture sportive o da gara viste al 21 o della rassegna di auto “stradali”, molte delle quali in vendita, vista al 19.



Un tempo, si andava al Motor Show per molte cose, tranne che per le auto d’epoca. ma, già dall’anno scorso, le cose sono cambiate.                                                              Quest’anno, si può affermare che ci si poteva recare in fiera a Bologna anche e solo per vedere vetture d’epoca, e non sarebbe apparso eretico soffermarsi quasi esclusivamente su di esse, dato che erano il 30% del totale.

Ma cosa c’era di cosi interessante fra le auto d’epoca da riuscire a catturare lo sguardo dei Millenials che si sarebbero altrimenti fiondati istantaneamente negli stand ad alto contenuto di tacco 12 e minigonne ?
Per cominciare, c’erano tutti  i principali nomi del motorismo storico italiano,nomi che non si sono certo tirati indietro nel proporre gioielli e rarità di buon livello. Certo, non c’erano le Rolls degli anni Venti viste a Padova o la 250 GTO di Milano, ma trovare una magnifica Alfa 33, una Lambda Spider del ‘29 e quella sorprendente monoposto per uso stradale, realizzata da Enrico Del Buono e dotata di un particolare sistema di “stabilizzazione dinamico” capace di adattare l’assetto della vettura alle condizioni della curva è stato senza dubbio molto, molto piacevole. Tutto questo grazie all’ASI, che nel suo ampio stand proponeva ancora una volta quella stupenda ricostruzione di una stazione di servizio AGIP di mezzo secolo fa. Tuttavia, il pezzo senza dubbio più particolare portato dall’ASI (e facilmente uno dei più pregiati in assoluto) era un’Aquila Italiana, superba rappresentante del motorismo nazionale di 105 e più anni fa. Le sue affascinanti sembianze da austera a venerabile dama erano a dir poco inebrianti.

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Al lato opposto del padiglione c’era l’ACI Storico, con un’esposizione di auto da rally d’annata di assoluto rilievo. C’erano infatti nomi come la Collezione Umberto Panini con le sue Maserati (presente nientemeno che con una monoposto 250  e l’estrema evoluzione della famiglia delle Birdcage, una Tipo 63 del ’61 equipaggiata con un formidabile V12 di tre litri e 320 scalpitanti cavallini); oppure, ecco il Museo dell’auto di Torino con un trio di assoluta eccellenza (una Itala Modello 11 monoposto del ’25, avanzatissima macchina ideata da quel genio assoluto che fu Giulio Cesare Cappa, la celeberrima Trossi-Monaco a motore stellare e trazione anteriore del ‘35 ed una rarissima Temperino 8/10 HP, tenerissimo giocattolino, qui in una insolita veste da competizione, che era però, nonostante le apparenze, un progetto assai riuscito e maturo. E ancora, ecco il Museo Lamborghini con la prima auto realizzata da Ferruccio su base Topolino e la Jarama Rally SVR del 1973.

alfetta gtv

Alfetta GTV.

 

Tanto per cominciare, basti pensare a Fiat Heritage, sempre più attiva nel promuovere la memoria dei marchi del Gruppo Fiat, una cosa ancor più apprezzabile perché dimostra che finalmente, dopo anni di assenza e attendismo in questo settore, anche a Torino si è compresa l’importanza decisiva nel promuovere il proprio passato per valorizzare il presente e il futuro. Per quel che riguarda le auto esposte dal gruppo torinese, una esaustiva selezione di modelli da rally si offriva agli occhi deliziati di giovani e meno giovani. Mostrare auto da rally, che del resto è stata fatta propria anche dall’ACI, è stata seguita anche da altri, in sintonia con FCA: quanto mai azzeccata dunque, la scelta del Lancia Delta Integrale Club di far vedere due Delta allestite per il più particolare dei rally, il Safari. Fa sempre un certo effetto vedere le Delta allestite secondo le specifiche necessarie per quella gara, a partire dalle sospensioni rialzate e dalle protezioni alla carrozzeria, forse le più note fra le modifiche apportate per poter sopportare le immani asperità per cui la gara keniota è divenuta famosa.
Anche il gruppo PSA ha seguito le orme della Fiat, e ha approfittato del Motor show per esporre una pregevole selezione di auto d’epoca: fra le macchine in mostra, il gruppo francese aveva portato una interessantissima DS, che, nata come muletto per la SM prima del debutto di quest’ultima, divenne poi vera e propria auto da competizione per il Gruppo V, condotta da Bijorn Waldegaard alla Ronde Hivernale di Chamonix del ’72.

Lancia Delta.

 

E se questo non fosse bastato a stupire anche il cultore più esigente, c’erano pur sempre un incredibile trittico di Lancia da competizione su pista, nella classicissima livrea Martini Racing che per almeno una generazione è in effetti stata sinonimo di Lancia vincenti: vederle tutte una vicino all’altra, nella stessa occasione, è qualcosa di eccezionale. Del resto, pure chi avesse voluto a tutti i costi vedere qualche signora in rosso , in abito da gara piuttosto che da sera, avrebbe trovato di che essere soddisfatto: una superba 512 S (condotta da Mike Parkes in una serie di gare nel 1970, inclusa una sfortunata 24 Ore di Le Mans e la Targa Florio, con un buon sesto posto assoluto) e una 312 T facevano compagnia alla monoposto del 1980 già ammirata a Milano. E parlando di monoposto in livrea, che dire della March di F2 del ’73, guidata dai fratelli Brambilla e presentata nell’inconfondibile tinta senape-arancio dello sponsor Beta ? Favolosa, anche se si considera che a differenza di molte altre auto del genere, questa era praticamente costruita in serie … Piccola serie, certo, ma con 14 esemplari costruiti, qui ci troviamo già di fronte ad una e vera catena di montaggio dell’auto da competizione. A proposito di catena di montaggio, quasi dimenticavo di accennare alla interessante performance svoltasi nell’arco dell’intera manifestazione presso lo stand del Museo Dell’Auto di Torino: una particolarissima monoposto a trazione anteriore degli anni Trenta, la Monaco-Nardi Chichibio del ’32 (ulteriore realizzazione di quell’Augusto Monaco che poi divenne il coautore della Trossi-Monaco), è stata infatti protagonista di una interessante performance dal vivo: giorno dopo giorno, è stata ricostruita (si può dire, in diretta).

Lancia Beta Montecarlo Turbo.

Al padiglione 19 vedere vetture un tempo umili e diffuse ma oggi quasi estinte, salvate da devoti del classico che hanno messo affetti, ricordi e speranze dinanzi al portafogli.  Qualche esempio ? Una superlativa Citroen AMI 8, per cominciare, in un color senape cosi anni Settanta da avere un che di artistico. Oppure, una magnifica Fulvia berlina. O ancora,fra le auto in vendita, una rarità assoluta come un’Austin Allegro (con un’insolita livrea “corsaiola” e forse con una certa licenza stilistica rispetto alla versione di serie), macchina che ha avuto una discreta diffusione anche in talune zone d’Italia, ma oggi scomparsa, (anzi, vien da dire svanita letteralmente  nel nulla), accompagnata da una splendida Innocenti IM3.
C’era anche una certa Peugeot 404 : in apparenza un’auto oggi rara ma un tempo comunissima (in Francia, sia chiaro), una macchina dunque perfetta per lo spirito nazional-popolare cui ho accennato; l’esemplare in questione aveva però una certa aura di leggenda attorno a se, dato che è stata la vettura dell’assistenza Ferrari. Spesso intravista nelle retrovie dei gran premi, delle corse di durata, è stata umile lavoratrice capace di sobbarcarsi le ire del Drake se qualcosa andava storto cosi come le sue gioie terribili in caso di vittorie. A suo modo, un legame fondamentale e inimitabile tra l’elite sportiva e le masse lavoratrici (perdonatemi gli accenti da sociologo): a modo suo, una summa di quanto visto a Bologna.

La Peugeot 404 della Ferrari.


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