Museo Fisogni, il paradiso delle pompe di benzina

22 novembre, 2018 | Daniele Boltin

il museo fisogni

Museo Fisogni.

Il Museo Fisogni della stazione di servizio (Tradate, VA) è un unicum nel suo genere. Con la collezione più completa al mondo di pompe di benzina e oltre 6000 pezzi tra gadget e targhe d’epoca, è un punto di riferimento per appassionati e esperti del settore, tanto che nel 2000 è stato insignito del Guinness World Record per la raccolta più grande di distributori.
Abbiamo avuto una chiacchierata con il fondatore Guido Fisogni, classe 1941, che ci ha raccontato la sua storia.

Guido Fisogni, fondatore del museo sulle pompe di benzina.

Guido Fisogni.

Quando ha cominciato a collezionare questi oggetti?

Nel 1961, quando ho iniziato con un’impresa edile, la Valseveso, specializzata con le stazioni di servizio.
All’inizio c’ero io, che guidavo il furgone, assieme a due operai, anzi uno e mezzo, visto che uno, che pasteggiava non con vino e acqua ma con la grappa, al pomeriggio era sempre sbronzo e dormiva sul furgone. Ma presto siamo cresciuti, e dopo 10 anni avevo già 110 dipendenti.

Com’è nata l’idea di raccogliere i suoi pezzi?

Quando trovavo delle vecchie pompe, invece che buttarle, ho incominciato a raccoglierne una per tipo e a collezionarle. Quelli elettrici erano quelli che trovavo durante il lavoro, quelli più vecchi andavo apposta a cercarli, erano tutti rottami e venivano revisionati e riverniciati con i colori originali. Per anni ho avuto un meccanico dipendente che si occupava solo di quello; anche perché in quegli anni il Museo era una pubblicità per la ditta, molti lavori all’estero sono arrivati grazie ai servizi in televisione.



Il Museo è partito ufficialmente nel 1966, quando avevo già un centinaio di pezzi, ed era esposto nel capannone della ditta a Palazzolo Milanese; abbiamo appena iniziato a fare un inventario puntuale, ma oggi ci sono almeno 6000 oggetti. Per chi vuole, abbiamo anche un libro, che racconta la storia del Museo e contiene le fotografie dei pezzi più belli; il primo lo abbiamo stampato nel 1990, e man mano lo abbiamo aggiornato con le fotografie dei nuovi arrivi.

Quindi all’inizio il Museo era a Palazzolo…

Sì, è rimasto lì finché ho lavorato. Dal 2000, quando ho ceduto la ditta, il Museo è rimasto chiuso fino al 2015, quando abbiamo ristrutturato una cascina di mia suocera a Tradate, dove era crollato tutto, e abbiamo spostato la collezione.

Che storia affascinante! Immagino che, in tutti questi anni, ci sia stato qualche aneddoto divertente, che magari ci vuole raccontare…

Una storia particolare è legata ai cartelli dei paesi, che venivano pagati dalle società petrolifere in cambio della pubblicità sotto al nome del comune; la maggior parte li ho comprati nei mercatini.
Un giorno il sindaco di uno di questi paesi, vedendo una trasmissione in tv, pensava di aver riconosciuto una targa che era sparita dal suo comune, e aveva fatto la segnalazione ai Carabinieri. Per cui gli agenti sono venuti in ditta a cercare il cartello, ma siccome il colore e la misura non corrispondevano con la denuncia, è rimasto nel museo; probabilmente in quel comune c’erano due cartelli!

Pompa manuale.

Qual è il suo pezzo preferito, quello a cui tiene di più?

Sicuramente la prima pompa di benzina che ho recuperato, un distributore manuale dell’Agip. L’avevo trovata in una cava in cui ero andato col furgone per prendere della sabbia. Era un rottame, a momenti il proprietario della cava me la tirava dietro!

Il pezzo più interessante dal punto di vista storico è però la pompa di benzina di Mussolini, disegnata dall’architetto Marcello Piacentini e costruita in pochi esemplari. Questa l’ho trovata a Trieste, ed era probabilmente installata a Palazzo Venezia. Altre erano usate nelle ambasciate e nelle prefetture, e infatti in Albania, a Tirana, ne ho trovata una uguale proveniente dall’ambasciata. L’ho restaurata e adesso è in prestito al Museo della Mille Miglia.

La pompa di benzina opera di Marcello Piacentini.

E degli innumerevoli gadget cosa ci dice?

Anche lì c’è di tutto, tra quelli più significativi c’è un piccolo apriscatole della Esso, che riporta il logo con un cane. Infatti la Esso deriva dalla Standard Oil, che aveva un cane come simbolo, e lo mantenne fino agli anni ’50, quando venne introdotta la tigre del “Metti un tigre nel motore”.

So che c’è anche un piccolo archivio…

Sì, perché io, oltre agli oggetti, ho raccolto anche disegni e progetti originali dei primi del ‘900, più manuali tecnici e riviste, che mi sono serviti per la revisione e il restauro dei pezzi; ogni tanto anche qualche studente universitario chiede di consultare l’archivio per tesi e ricerche. Oltre a questo, negli anni ho collezionato anche un migliaio di cartoline, d’epoca e recenti, in cui si vedono le stazioni di servizio in vari comuni italiani.

Museo Fisogni.

Se ricominciasse da capo, lo rifarebbe?
Non c’è la domanda di riserva?

Quali sono le prospettive per il futuro?

Mio figlio è abbastanza appassionato, ma avendo un suo lavoro non ha molto tempo da dedicare al Museo; comunque è lui che si occupa di tutta la parte relativa a internet, perché io, come molti della mia generazione, non so neanche accendere un computer.
Adesso che ci siamo spostati nella villa di Tradate, poi, abbiamo anche uno spazio per eventi privati e aziendali, alcune società sono già venute per fare meeting e conferenze qui da noi. Anche perché uno spazio così in Italia non ce l’ha nessuno…

Marco Mocchetti

 

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