I misteri della DAF 44 di via Fara a Milano

30 novembre, 2018 | Marco Bellotti

DAF 44.

Questa storia ha inizio in una Milano di 47 anni fa, nell’estate del 1971, una Milano completamente diversa da come la vediamo noi oggi.
Il signor Giuseppe, in un’anonima giornata di quella torrida estate, andò a ritirare la sua nuova vettura. La scelse di un rosso fiammante e la immatricolarono con la targa MI seguita dalla lettera N. Erano gli anni in cui le automobili sfoggiavano livree molto allegre, nulla a che vedere con il grigiume anonimo delle auto moderne.

Scelse un’auto già particolare ai tempi, una simpatica DAF 44 berlina a due porte. Il perché scelse proprio questo modello non ci è dato saperlo. Forse perché un’utilitaria con cambio automatico Variomatic nella trafficatissima Milano degli anni 70 era una scelta “moderna” e fuori dagli schemi.
Non ci è dato nemmeno sapere quante volte il contachilometri abbia fatto il giro dei 100.000, ad oggi riporta 61.545.
Sta di fatto che questa autovettura dal 1971 al 2018 passerà i suoi 47 anni di vita a testa alta, sempre parcheggiata per strada con orgoglio, all’aperto, fregandosene del vedersi parcheggiate accanto auto ben più blasonate di lei e fregandosene del veder passare mode con auto sempre più nuove e tecnologiche.



Milano attorno a lei è cambiata. E mentre Milano cambiava con i suoi svettanti grattacieli sempre più alti, sulla carrozzeria di questa DAF 44 si sono depositati anno dopo anno strati di inquinamento fatti di polveri nere e opacità. I caratteri della sua bella targa quadra si sono sbiaditi e qualche manovra azzardata da parte sua o da parte di altri automobilisti l’hanno ammaccata in diversi punti.
La sua vita, iniziata in quell’estate in via Borsieri all’ombra di quello che oggi è uno dei quartieri più cool e moderni di Milano, quello di Isola-Garibaldi, passa all’inizio degli anni 80 nel quartiere limitrofo, Repubblica, in via Fara e lì rimarrà fino ad un’altra estate, quella del 2018.

daf 44 via fara

L’interno.

Nel corso degli anni, con l’avvenire della passione per il motorismo storico, viene presa di mira da molti appassionati che contattano il proprietario per convincerlo alla vendita. Saranno stati tanti, a tal punto che spinsero il proprietario ad attaccare un cartello sul parabrezza con scritto in un italiano sgrammaticato “NO NO NON SI VENDE. MACCHINA STA BENE CON SUO PADRONE GIUSEPPE”. Di fianco un disegno stilizzato dei suoi due fanali simili ad uno sguardo.
Io stesso, come tantissimi altri appassionati, ogni tanto passavo di li apposta. Mi fermavo e tutte le volte le scattavo qualche fotografia apprezzando il suo fiero e nobile invecchiare. Di sue foto ne è pieno il web. Era diventata una sorta di mecca da visitare, un monumento, una chimera che non si riusciva a raggiungere.
Quante volte avrei suonato a quel campanello per farmi raccontare la sua storia…

Dettaglio.

Questa auto grondava di storia da ogni centimetro quadrato di quelle sue lamiere ormai opache. Lamiere olandesi… che tanto difficilmente marcivano.
Nel corso della sua vita i cartelli sul parabrezza si incrementarono di informazioni sempre meno chiare. Sicuramente si può decifrare che riscontrò problemi con un ritiro del libretto, con danni mai risarciti, con gomme tagliate, con discussioni infinite con la Polizia Locale e con degli Avvocati. Il mistero di questi cartelli ha sempre affascinato chiunque perdesse due minuti del proprio tempo per fermarsi a leggere.
Chissà che lavoro faceva il Signor Giuseppe… Chissà che faccia ha il Signor Giuseppe… Chissà quanti anni ha oggi nel 2018 che si è visto portar via, dopo 47 anni, la sua compagna di vita.
Qualcuno afferma di averlo visto a volte scendere da casa vestito di tutto punto, con una valigetta in mano, e restare ore fermo dentro la sua DAF senza muoverla. Come se il passare un po’ di tempo con la sua auto era un appuntamento immancabile.

Parcheggiata in strada.

Nel corso di 47 anni ne avranno viste di cose quei suoi occhietti di vetro sempre più opachi… avranno visto il traffico milanese delle ore di punta, avranno visto viaggi in autostrada, avranno visto magari qualche vacanza, avranno intravisto qualcosa nella fittissima nebbia di quegli anni, hanno vissuto gli “anni di piombo”, avranno visto quasi 50 estati torride che la rendevano rovente e altrettanti inverni che la coprivano con una coltre nevosa. Chissà quante partenze, la mattina, con l’aria tirata al massimo…
Purtroppo mentre ora scrivo questo racconto con un po’ di malinconia, lei non sosta più nel suo solito parcheggio di via Fara. Qualcuno l’ha trainata via. Così, come se fosse uno degli ennesimi edifici storici da demolire per far posto a nuovi scintillanti grattacieli.
Non veniva revisionata dal 2004 e, lo scorso 23 agosto 2018, risultava anche senza assicurazione. Motivo per cui la Polizia Locale, dopo mille tentativi di convincere il proprietario ad agire secondo le leggi, ritenne arrivato il momento di rimuoverla.

Da dietro.

È passato in silenzio questo 23 agosto 2018, senza che nessuno se ne è accorto. La mia ultima visita in via Fara risaliva allo scorso aprile.
Solo a metà novembre appare sui social una foto che non avrei mai voluto vedere.
La piccola DAF rossa immortalata nel piazzale di un’autodemolizione, senza targhe e privata di un faro anteriore. Le sarà caduto durante la rimozione? Mi piace pensare che lo abbia tenuto il Signor Giuseppe, come ricordo di una cosa a lui molto cara.
Dalla visione di quella foto mi sono attivato in tutti i modi possibili per cercare di salvarla. Non come i soliti commenti che si leggono sotto le foto “salvatela” ma che poi finiscono nell’inveire contro le leggi, la politica italiana senza mai arrivare al concreto. Io mi sono attivato in tutti i modi in cui mi è stato possibile.
Ho ricostruito la storia dei suoi ultimi mesi dopo la rimozione passando ore telefonando alla Polizia Locale, all’ufficio rimozioni, all’ufficio sequestri, al deposito giudiziario fino ad andare di persona a rivederla in autodemolizione. L’ho rivista lassù, al terzo piano dello scaffale porta-auto sopra altre auto rottamate.
Da segnalare come nota positiva è l’aver trovato, in queste giornate, persone disponibilissime e competenti che hanno apprezzato quanto stessi facendo. Si sono prodigati per aiutarmi, ma ahimè non mi è stato possibile fare nulla poiché sono arrivato troppo tardi.

Allo sfasciacarrozze.

L’auto è già stata demolita ed inserita nel formulario come “rifiuto speciale”.
Un rifiuto… Pazzesco paragonarla ad un rifiuto quando nel 1971 sarà stata comprata con sacrifici e nel 2018 avrebbe potuto fare la felicità di qualche appassionato disposto ad investire su di lei.
Lo so, sono un sentimentale quando mi si parla di vecchie vetture che nessuno vuole più, la mia collezione lo dimostra. Ma ormai in qualche modo ci ero legato a questa piccola vettura.
Mi era venuta l’idea di acquistarla intera, anche senza targhe e documenti, per restaurarla solo per metà e far vedere come invecchia un’auto sotto lo smog di Milano in quasi 50 anni di esposizione alle intemperie. L’avrei portata in mostra… sarebbe diventata un “monumento” per noi appassionati. Purtroppo la burocrazia non me l’ha permesso.
L’unica consolazione è stata quella di andare in demolizione per portarsi via alcuni pezzi per fare comunque una sorta di installazione. Magari col tempo e i contatti giusti sarebbe bello esaltarla a dovere.

Dentro quel bagagliaio c’erano ancora tutte le cose del Sig. Giuseppe, una marea di cose. Attrezzi, ricambi, taniche, una vecchia batteria, una pompa per tenerle gonfie le gomme e altre cianfrusaglie varie.
Sono entrato nell’abitacolo. Non penso che molte altre persone negli ultimi 47 anni ci siano riusciti ad entrare lì dentro ad eccezione del suo devoto padrone. Mi sono preso i suoi famosi cartelli, mentre dal cruscotto sono saltati fuori dei taccuini dove il Signor Giuseppe si annotava tutto. Si annotava quante volte faceva benzina indicando la data, l’importo speso, i litri e i chilometri dell’auto. Si annotava un sacco di cose, come piccoli interventi alla vettura, gli innumerevoli urti ricevuti da altri automobilisti e molte altre cose. Devo finire ancora di leggerli. Questa auto veramente straborda di storia da tutte le viti.

Sul muletto.

Ci teneva il Signor Giuseppe alla sua DAF. Me lo immagino scendere di tanto in tanto in strada per darle qualche piccola cura con lo scopo di mantenerla in vita nonostante non venisse spostata da anni. Me lo immagino dietro la finestra di casa sua ad osservare la sua macchina mentre veniva toccata da qualche manovra maldestra. Si annotava le targhe. Me lo immagino andare a prendere una tanica di benzina al distributore per riempirle il serbatoio, nonostante non venisse usata. È tutto annotato.
Ricordiamola così, la DAF 44 di via Fara, con quel suo musetto simpatico, con quel suo rosso opaco coperto da 47 anni di inquinamento milanese, testimoni di un altro pezzo del patrimonio automobilistico italiano distrutto da una sensibilità perduta. Fiero di essermi prodigato per cercare di salvarla fino all’ultimo e fiero di custodirne pezzi a ricordo con uno stomaco stretto che poche altre auto mi hanno saputo procurare.


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35 commenti

  1. Nicola 86 ha detto:

    Ho pianto dall’inizio alla fine!si poteva salvare e magari consegnata ad un museo,a sì bè certo non era famoso il signore!

  2. Paolo ha detto:

    Bellissimo racconto dal triste epilogo.
    Un peccato si sia perso qualcosa del genere.
    Siamo tutti più poveri adesso.

  3. Gennaro Romaniello ha detto:

    Era l’auto di mio nonno Gennaro, del quale porto il nome, lui morì nel 1978 e la macchina diventò di mio papà, ricordo il rumore, l’odore caratteristico ed ebbi pure l’0pportunita’ di guidarla, (rubandola dal garage, avevo 17anni) ahimè demolita nel 1986.

  4. Nathan ha detto:

    Ciao, ti faccio i miei più sinceri complimenti per il racconto. In questi giorni mi stavo leggendo anch’io quanto possibile sulla storia di questa daf… perché sono un po’ come te. Mesi fa è stata la stessa sorte di una volvo 245 dl del 1976, anch’essa meneghina, unica proprietaria che la adorava come neanche faceva probabilmente con se stessa. Stessa storia, stesse chiamate alla polizia e visite al demolitore, stesso triste epilogo e stessi ricordi e documenti portati a casa. Anch’io ne ho ricostruito la storia (bellissima fino a quel giorno) e anch’io, ancora, non me ne faccio del tutto una ragione… se hai bisogno qualunque cosa per un’installazione su questo tema, io ci sto!

  5. gabriele ha detto:

    ho guidato la 33…sono commosso…grande vettura…mi piacerebbe riaverla.

  6. Edgardo Michelotti ha detto:

    Che bella storia raccontata con amore. bravo. Io sono il figlio di Giovanni Michelotti che l’ha progettata negli anni ’60. mi sono commosso. Grazie

  7. Tizi ha detto:

    Bellissima storia
    Purtroppo l epilogo non è all altezza

  8. Flavio ha detto:

    Mi vien da piangere

  9. Gianmarco Ripa ha detto:

    Davvero toccante la storia della Daf milanese, perché ricca di spessore umano: sentimenti forti provati dal signor Giuseppe, da chi ha scritto il racconto, di tutti noi appassionati che abbiamo a cuore queste auto che hanno tanto da raccontarci.

  10. enrico sacchi ha detto:

    triste consolazione…le hanno riservato il posto più alto nel cimitero delle auto.

  11. Alessandro Cappo ha detto:

    Siamo vittime di cieca burocrazia e di persone frustrate che si sfogano sui mezzi, spesso perché il cugino ha il carroattrezzi e si prende la mezza. Schifo e disgusto, e rispetto per il nostro prossimo buttato nel cesso. Mi chiedo perché debbano sequestrarti un mezzo se è intestato e quindi con una chiara responsabilità individuale che copre qualunque danno civile. Ennesima stortura di un sistema giudiziario che ci vede come dei bancomat ambulanti.

  12. ALESSANDRO ha detto:

    complimenti per la passione.

  13. marco pasi ha detto:

    Ho avuto negli anni 70 la 33 macchina più che altro strana con quel bottone sul cruscotto che accorciava le marce in salita si guidava come un ciao sul misto era divertente spassosa sulla neve piccola daf!!!!

  14. Davide ha detto:

    Grazie per la sensibile testimonianza………viva l ‘Italia……

  15. Ange ha detto:

    Bravo rimarrà in noi che abbiamo letto questo bel articolo un bellissimo ricordo.

  16. Giuseppe ha detto:

    Bel racconto, passionale e coinvolgente.
    A me piace anche il finale, in cui il nostro desiderio collezionistico (lo dico senza disprezzo, sono anch’io appassionato e possessore di mezzi storici) e di possesso non riesce ad intaccare la poesia di una macchina nata e morta nelle mani del suo primo proprietario, voluta, usata, amata e rispettata fino alla fine, come una di famiglia.
    Qualsiasi spostamento, cambio di proprietà, restauro ne avrebbe riscritto la storia, che invece è bella così, raccontata, fotografata, spiegata, approfondita.
    Complimenti!

  17. Andrea ha detto:

    Storia bellissima e scritta in modo molto coinvolgente ed emozionante. Le auto vecchie hanno tante storie da raccontare e meriterebbero di essere trattate con rispetto.

  18. Andrea ha detto:

    Storia bellissima e scritta in modo molto coinvolgente ed emozionante. Le auto vecchie hanno tante storie da raccontare e meriterebbero di essere trattate con rispetto.

  19. Marco Bellotti ha detto:

    Grazie mille per i commenti!
    Grazie al Sig. Michelotti!

  20. Angelo Liberatoscioli ha detto:

    Una storia commovente…la stessa della mia Volvo… Ho apprezzato molto il messaggio del sig. Michelotti.

  21. Lorenzo ha detto:

    Una storia che po’ mi ha commosso e un po’ mi ha fatto incazzare. Una meravigliosa storia di vita vera. Grazie per avercela fatta conoscere.

  22. Marco ha detto:

    Metti la su in rimorchio e porta la qui in Belgio, ce solo bisognio di un documento di demolizione della demolizione e si salva, la immatricolo in Belgio e hai di nuovo documenti che ti permettono a immatricolare il veicolo in Italia solo che non avrai piu la targa nera

  23. Marco ha detto:

    Una possibilità c’è se lo sfascia carrozze ti vuole aiutare: comprare la sola scocca priva di motore come “carrozzeria bonificata” poi a parte il motore. Ovviamente il tutto viene privato di numero di telaio, corredata di certificazione di bonifica e non potrà mai più circolare per strada.

  24. Marco Bellotti ha detto:

    Purtroppo non è possibile fare nemmeno questo. L’ho già richiesto!

  25. Giuseppe Gagliardi ha detto:

    Complimenti per quanto fatto per salvarla; questa è la vera passione per l’automobile e questa daf, purtroppo, meritava di restare almeno altri 47 anni con noi.

  26. Pasquale ha detto:

    ….nel 1985 acquistati una DAF 55 Coupé arancione….ricordo ancora il rumore, l’odore….

  27. Matteo Rubinetti ha detto:

    Questa storia mi ha fatto quasi piangere…
    Mi ricorda la UNO 45 3P del 1984 verde di mio padre, andò in tutta Europa (Francia, Polonia, Austria, Germania ecc. ecc.).
    Aveva percorso tutta l’Italia, aveva visto il mare della mia bellissima Puglia…
    Aveva preso un sacco urti, ammaccature e tanto altro…
    Sempre parcheggiata sotto casa per vent’anni…
    Ma nel 2003 fu demolita e non riesco a non commuovermi sentendo questa storia…

  28. Enrico ha detto:

    Grazie Marco per il bellissimo racconto, sebbene triste consegna la memoria di questa eroica macchinina anche al cuore di chi come non ha mai avuto occasione di vederla…

  29. pietro ha detto:

    Complimenti per il racconto, dove è evidente una Vera passione per le auto,ho visto cose per noi (appassionati) inaudite rottamare una R4 del 1980 per ottenere 600 euro in più per l’acquisto della nuova auto, e stessa sorte per una regata (100S) per far posto all’auto del figlio neo-patentato,o far marcire per strada una Talbot horrizon…

  30. Federico ha detto:

    Magari è morto il proprietario e la Daf, di poco valore, se non affettivo agli eredi non interessava, lui troppo legato per salvarla in tempo e il triste epilogo è risolto.
    Peccato la Daf è stata la vettura che ha salvato Volvo, avrebbe meritato una fine più gloriosa

  31. Fabrizio ha detto:

    che Apollo se ne faccia una ragione DAFne amava il suo Giuseppe!

  32. Giorgio ha detto:

    e una storia molto commovente,bravissimo l autore a raccontare ogni minimo dettaglio come in un film che narra la deportazione di molte persone ai campi di concentramento(io in questo racconto ci sento questo)e costretti a lasciare la loro vita. Ma non usciamo troppo dal racconto. Penso che le stesse autorita competenti avevano il dovere di salvaguardare questo gioiellino,che ci ricordava a tutti come eravamo negli anni 70.

  33. Pierluigi ha detto:

    Ciao, sono anch’io un giornalista come te. Ti faccio i miei più sinceri complimenti. Quello che hai fatto e che hai scritto è una perla rara. Vanne fiero. Pierluigi

  34. Danilo ha detto:

    Grazie per questo bel racconto. Anch’io l’avevo incontrata qualche anno fa, e mi ero fermato a guardarla e a fotografarla nonostante fossi in ritardo. Mio padre ne aveva una ANALOGA appena più anziana, targata MI-M, la nostra prima auto, le nostre gite verso i laghi e le vacanze estive. Poi, a 18 anni era passata a me, e così mi aveva regalato quella meravigliosa auto-nomia che si prova appena patentati. Non ti nascondo che ci ho fatto un pensierino anch’io. Tornare alle origini, ricominciare tutto da capo, in una vettura allegra e luminosa che non sembra un bunker… Va bé, é stato solo un pensiero, un attimo. Bravo tu a seguirla fino allo scasso e soprattutto a raccontarla così bene. Se lo meritava.

  35. Franco ha detto:

    Bella storia! Mio padre aveva una DAF 33, trattata come il signore del racconto, dove io ho fatto scuola guida!
    Auto non comprese in Italia. Ma tecnica che è arrivata sino ad oggi.
    Chissà una rinascita delle DAF AUTO!

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